Siamo tutti con lo sguardo rivolto a Mariupol, Bucha e Borodyanka, ma non dobbiamo fare l’errore di considerare la tragedia ucraina una storia “di esteri”, per usare le categorie di una redazione giornalistica. C’è un lato molto italiano e ci sono delle responsabilità nell’aver sostenuto Vladimir Putin in questi anni, quando già era chiara la sua natura omicida (la giornalista Anna Politkovskaja è stata assassinata nel lontano 2006, per dire).

Molto si è detto delle scelte sul gas che ci hanno legato a Mosca e hanno fornito a Putin le risorse per invadere l’Ucraina. Poco ancora si è riflettuto sulle vicende più recenti e sul ruolo specifico dell’Italia nel permettere a Putin di trasformare la pandemia in uno strumento di propaganda e, forse, di business.

L’inchiesta a puntate che Andrea Casadio sta pubblicando su questo giornale non lascia più spazio a dubbi: nel 2020 il governo Conte mette la ricerca di eccellenza italiana dell’istituto Spallanzani a disposizione del regime russo.

Non si tratta di scelte scientifiche, ma politiche, visto la corsa al vaccino Sputnik V è stata voluta dal Cremlino, condotta da strutture governative, finanziata dal fondo sovrano di Mosca.

Nel momento più drammatico della pandemia, a marzo 2020, il governo Conte autorizza una spedizione militare russa in Italia che permette a Putin di avere i campioni di virus necessari per sviluppare un vaccino. La filiera italiana si ferma, quella russa decolla, senza poi arrivare a grandi risultati perché – come in campo militare – alla fine le autocrazie si dimostrano meno efficienti di quanto pensano di essere.

Andrea Casadio ha documentato e continuerà a raccontare nei prossimi giorni  che la ricerca di eccellenza italiana viene penalizzata e subordinata alle esigenze di un progetto che serviva molto più al Cremlino che all’Italia (Sputnik non è mai stato autorizzato in Unione europea).

Come tante altre vicende da Covid, anche su questa vige una specie di amnistia non dichiarata: erano momenti difficili, sono stati fatti errori, di fronte all’imprevisto si procede a tentoni. Vero, ma qui c’è stato del dolo: l’allora premier Giuseppe Conte ha più volte rivendicato la legittimità e persino l’utilità della missione russa, anche di fronte allo sgretolarsi delle motivazioni ufficiali (i russi non ci hanno portato alcun aiuto rilevante).

Il Corriere della Sera già ha rivelato le assurdità diplomatiche di quella spedizione, con i russi che hanno chiesto perfino il rimborso delle spese aeree all’Italia. Ora, grazie all’inchiesta di Domani, emerge il lato scientifico che era al centro del progetto.

Un po’ dell’indignazione che proviamo per i crimini di guerra commessi da Putin dovremmo riservarla anche per chi ha sostenuto e alimentato il suo potere mentre preparava questa strage, a danno dell’interesse nazionale, oltre che della dignità del paese.

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