Milano, 1 gennaio 2016 - 17:04

Il merito di Primo Brown:
aver scritto la storia del rap italiano

Il rapper romano scomparso a 39 anni ha avuto un ruolo di primo piano nell’insediare nel nostro Paese un genere musicale nato per gli afroamericani di lingua inglese

di Matteo Persivale

I Cor Veleno I Cor Veleno
shadow

Quando si scriverà la storia definitiva del rap italiano, di come un’arte tutta americana abbia trovato nel nostro Paese – così europeo e con una lingua ben diversa dall’inglese così perfettamente sincopato e ricco di parole tronche perfette per l’hip-hop – un ruolo e interpreti importanti, un capitolo da sottolineare con l’evidenziatore sarà dedicato a Primo Brown.

L’artista romano dei Cor Veleno sarà ricordato per il talento, l’impegno nel restare autentico senza commercializzare la sua musica e le sue rime. E la sua morte così tragicamente prematura, a soli 39 anni, non fa altro che rendere ancora più grave la sua perdita per la musica italiana. Se il rap è entrato a pieno diritto nella stanza dei bottoni della nostra musica, se nella patria delle (peraltro nobili e apprezzate nel mondo) canzonette e dei cantautori c’è uno spazio vero per il rap, il merito è anche di Primo.

Nel rap—americano e non – uno dei punti di riferimento è l’iperbole dei testi, quel senso di grandezza – megalomania? – riferito a se stessi e alla propria musica che Jay-Z ha ammesso con franchezza essere una pubblica dimostrazione di vulnerabilità: ma Primo ha dimostrato che l’iperbole abita nel cuore del rap anche per motivi di fede sincera nei confronti della musica, e delle sue possibilità. Si può prendere un’arte degli afroamericani e dimostrare che anche i bianchi possono giocare allo stesso gioco (vedi i Beastie Boys a metà anni ‘80). E si può prendere un’arte tutta americana e dimostrare che un italiano può farla come – e meglio – dei fratelli maggiori d’oltreoceano: Primo Brown l’ha dimostrato, e per questo merita gratitudine, e un saluto pieno di rispetto – lui avrebbe detto, come in una delle sue belle canzoni, «Ciao fraté».

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